Web tax 2020 al via. Cos’è? A chi si rivolge?

Web tax 2020 al via. Cos'è e a chi si rivolge

La web tax, la nuova tassa sui servizi digitali in vigore dal 1° gennaio 2020, prevede un’aliquota del 3% per chi opera nel mondo digitale.

Anno nuovo tassa nuova… il 2020 si apre con una nuova “web tax”, la tassa sul digitale che punta a colpire i grandi “colossi del web”.

Dopo due tentativi non andati a buon fine per mancanza di approvazione del decreto attuativo, dal 1° gennaio 2020 anche l’Italia ha la sua “tassa sui servizi digitali”.

Vediamo nel dettaglio cos’è la web tax, chi colpisce e cosa prevede.

Web tax, cos’è e a chi si rivolge?
Web tax, per cosa si applica?
Web Tax, quando va pagata?
Web tax, quanto dovrebbe portare nelle casse dello Stato?

Web tax, cos’è e a chi si rivolge?

La web tax è la nuova tassa sui servizi digitali introdotta dell’ultima legge di bilancio. È rivolta alle multinazionali che operano nei settori del digitale con l’obiettivo di contrastare l’erosione fiscale tipica delle transazioni on line internazionali.

La web tax si rivolge alle grandi aziende “big-tech” che vantano un fatturato globale non inferiore a 750 milioni e un ammontare di ricavi derivanti dalla prestazione di servizi digitali sul mercato italiano non inferiore a 5,5 milioni.

Nello specifico, la web tax prevede un’aliquota del 3% sui ricavi risalenti all’anno solare precedente a quello di imposta.

La web tax italiana prende inspirazione dalla Francia che ha introdotto la sua web tax già dallo scorso mese di giugno con la stessa aliquota del 3%. La web tax francese ha suscitato molte polemiche negli Stati Uniti con un conseguente aumento dei dazi, imposto dal governo Trump, per chi decide di acquistare prodotti digitali francesi. Si spera che non si verifichi qualcosa di simile anche in Italia a seguito dell’introduzione della web tax italiana.

Web tax, per cosa si applica?

La web tax si applica ad alcune specifiche tipologie di operazioni:

  • La diffusione di pubblicità mirata agli verso gli utenti internet.
  • Le interazioni e le condivisioni di dati tra gli utilizzatori di piattaforme digitali finalizzate a facilitare la fornitura diretta di beni e servizi.
  • La trasmissione di dati generatisi tramite l’utilizzo dell’interfaccia digitale.

Rimangono fuori dall’imposta i beni e le prestazioni di società finanziarie intermediarie e, più in generale, la fornitura diretta di beni e servizi digitali e la messa a disposizione di un’interfaccia digitale con lo scopo fornire agli utenti contenuti digitali, servizi di comunicazione o servizi di pagamento.

Lo scopo di queste esclusioni è quello di colpire solo i “giganti del web” e non le PMI che sfruttano il web per sviluppare il proprio business.

Web Tax, quando va pagata?

Il pagamento della Web Tax 2020 dovrà essere effettuato su base annuale (invece che trimestrale come prevedeva la Legge di Bilancio 2019) e versato in un’unica soluzione entro il 16 marzo dell’anno successivo a quello dell’esercizio chiuso. Entro il 30 giugno si dovrà invece presentare la dichiarazione dei redditi dell’ammontare dei servizi tassabili forniti.

La società dovrà tenere una contabilità dedicata dei servizi digitali imponibili. Per le società appartenenti ad uno stesso gruppo, per l’assolvimento degli obblighi relativi all’imposta sui servizi digitali, può essere nominata una singola società.

Web tax, quanto dovrebbe portare nelle casse dello Stato?

Secondo le previsioni elaborate dai tecnici, per l’anno appena iniziato la nuova web tax dovrebbe portare nelle casse dello Stato italiano un introito complessivo di circa 708 milioni. Tale somma è stimata su base annuale quindi dovrebbe attestarsi anche per il 2021 e per gli anni successivi.  

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